Bellezza e Salute

Il dolore della morte, sofferenza o egoismo?

Argomento che molti rifuggono ma che merita una diserzione filosofica e personale, sapete bene che sono solita dire le cose come le penso e soprattutto chiamarle con il loro nome…
Il ciclo della vita è quanto di più semplice e contemporaneamente complicato esista.
Si nasce, si vive e si muore…
E’ così da sempre e riguarda tutte le cose animate e non. Gli animali lo vivono come un evento perfettamente naturale e non perché non hanno sentimenti, semplicemente riconoscono la logicità dell’evoluzione.
L’essere umano, invece, vive il pensiero della morte in modo drammatico e doloroso. Passa tutta la vita alla ricerca di qualcosa che soddisfi il suo ego, nel lavoro, negli affetti e in tutti i campi in cui può competere.
E’ una visione egoistica della vita, sprecata inseguendo successi che il più delle volte restano soltanto ideali voli pindarici.
Per quanto si affermi che la morte è un evento del tutto atteso, nel momento in cui l’uomo si trova a subire un lutto, subentra uno stato di prostrazione fisica e mentale definita “dolore”.
Si piange e rimpiange l’amico, il parente, il genitore che è venuto a mancare.  A volte ci si consola dicendo l’insulsa frase “è stato meglio così, ha smesso di soffrire”…
Eppure continua l’esternazione del lutto, il pianto, il rifiuto della realtà e quel dolore insostenibile che diventa una morsa fredda e stabile nell’anima.
Un’analisi lucida, imparziale e oggettiva dimostra che il dolore per la perdita di una persona cara è, in effetti, la sublimazione del proprio egoismo.
L’uomo non piange il defunto in quanto tale, non pensa a ciò che egli ha perso o avrebbe ancora potuto fare e dare, l’uomo piange se stesso, egoisticamente!
Il dolore è personale, gli manca la persona perduta, non riesce a reagire, non sa come andare avanti, gli manca…
Si crogiola in questi pensieri, si compiange e intimamente diventa vittima di una morte che reputa ingiusta perché gli ha tolto qualcuno cui teneva.
Il fulcro del lutto non è chi non c’è più ma chi resta, una visione a dir poco distorta del dolore per la perdita di una persona.
La storia insegna che molti popoli del passato celebravano la morte festeggiando e rendendo tributi al deceduto, nella convinzione che una nuova vita lo attendeva, rallegrandosi dell’accaduto giacché segnava un inizio.
Saggezza del passato e alta forma di altruismo!

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